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Marketing: cosa cambia dopo lo stop del Garante a Google Analytics

La decisione del Garante della Privacy su Google Analytics potrebbe sembrare una questione tecnica ma non lo è. Si tratta dell’idea stessa della vita, prima ancora che del marketing, che vogliamo avere per i prossimi anni. Se si andasse verso una costante limitazione di accesso ai dati cosa rimarrebbe da fare ai brand, alle imprese, ai professionisti, ai politici e a chiunque altro interessato ai dati personali?

Google Analytics, si sa, trasferisce negli Stati Uniti i dati degli utenti che raccoglie dai siti. Si tratta di un passaggio necessario perché è lì che si trovano le sue sedi e infrastrutture digitali. Questo procedimento, però, non rispetta le regole del Gdpr e, a causa dell’assenza delle dovute garanzie, il Garante della Privacy è intervenuto, ammonendo una società che si occupa di media. Il sito web che utilizza il servizio Google Analytics (GA), senza le garanzie previste dal Regolamento Ue, viola la normativa sulla protezione dei dati perché trasferisce negli Stati Uniti, Paese privo di un adeguato livello di protezione, i dati degli utenti.

Lo ha affermato il Garante per la privacy a conclusione di una complessa istruttoria avviata sulla base di una serie di reclami e in coordinamento con altre autorità privacy europee. Dall’indagine del Garante è emerso che i gestori dei siti web che utilizzano GA raccolgono, mediante cookie, informazioni sulle interazioni degli utenti con i predetti siti, le singole pagine visitate e i servizi proposti. Tra i molteplici dati raccolti, indirizzo IP del dispositivo dell’utente e informazioni relative al browser, al sistema operativo, alla risoluzione dello schermo, alla lingua selezionata, nonché data e ora della visita al sito web. Tali informazioni sono risultate oggetto di trasferimento verso gli Stati Uniti. Nel dichiarare l’illiceità del trattamento è stato ribadito che l’indirizzo IP costituisce un dato personale e anche nel caso fosse troncato non diverrebbe un dato anonimo, considerata la capacità di Google di arricchirlo con altri dati di cui è in possesso. Il Garante ha evidenziato, in particolare, la possibilità, per le Autorità governative e le agenzie di intelligence statunitensi, di accedere ai dati personali trasferiti senza le dovute garanzie, rilevando al riguardo che, alla luce delle indicazioni fornite dall’EDPB (Raccomandazione n. 1/2020 del 18 giugno 2021), le misure che integrano gli strumenti di trasferimento adottate da Google non garantiscono, allo stato, un livello adeguato di protezione dei dati personali degli utenti.

Cosa cambia per il settore del marketing dopo la decisione del Garante della Privacy di ammonire a causa della modalità di trasferimento dati di Google Analytics?

Al momento poco o nulla visto che si tratta di un ammonimento. L’Autorità ne ha approfittato per richiamare l’attenzione di tutti coloro che gestiscono siti web in Italia. Il trasferimento dei dati verso paesi terzi deve avvenire con adeguate garanzie di protezione degli stessi altrimenti, come nel caso di Google Analytics, si corre il rischio di data breach, ovvero di violazione. La mia idea è che si stia andando sempre più verso una limitazione dell’invadenza di sistemi di rilevazione dei dati (penso anche alla campagna pubblicitaria di Apple per Iphone, ormai incentrata sulla privacy più che sulle caratteristiche tecniche dello smartphone). Un futuro quanto mai vicino dove, forse, verrà impedito agli stessi utenti di esagerare nel regalare i propri dati in cambio di qualche omaggio o sconto al primo acquisto. E la cosa non mi dispiace.

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