Sanremo è probabilmente l’ultimo grande palcoscenico della televisione italiana, almeno in termini di ascolti che seppur diminuiti in termini assoluti negli anni, si mantengono sopra il 60% di share. Va da sé che ogni messaggio lanciato da quel palco raggiunge milioni di persone e quindi bisogna fare attenzione a quel che si dice. Nel corso delle serate abbiamo visto personaggi pubblici “approfittare” di quel palco per accrescere il numero dei follower sui propri canali, cosa che non è uno scherzo perché equivale a valore commerciale dei post. Dulcis in fundo, il presentatore e direttore artistico, Amadeus, che volendo mettere in scena un simpatico siparietto sul suo essere poco o nulla tecnologico, ha aggiunto che il suo social media manager è suo figlio Josè, di soli 14 anni.
Tutti i giorni nel mondo vengono investiti milioni di euro, dollari e altre monete per rendere i social media funzionali alle varie tipologie di business. Vengono spesi per promuovere contenuti ma, ovviamente, anche nella loro stessa realizzazione. Si fanno analisi, si mettono a punto strategie, si organizzano attività collaterali a sostegno di questa o quella campagna.
Da delegato Ferpi (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana) per Puglia, Basilicata e Calabria poi, li trovo anche ottimi strumenti per costruire vere e proprie community intorno a un determinato interesse. Certo, è capitato e capita anche a me di incontrare persone che ancora non ci credono o che vivono in un tempo che non esiste più, ma vanno sempre più diminuendo nel numero e nel peso decisionale delle organizzazioni. Ecco perché il messaggio di Amadeus è sbagliato, riporta le lancette indietro di vent’anni.
Il comunicatore è un manager della comunicazione e i social media richiedono studio, competenza e pratica quotidiana.
La metrica non può e non deve essere solo quella del numero totale di follower ma dell’efficacia di queste piattaforme nell’ottica del business o della promozione di un’idea o una comunità. Per dirla breve, non basta raggiungere quasi due milioni di follower perchè sei il presentatore del Festival di Sanremo e hai aperto il profilo in diretta televisiva, quindi con dieci milioni di persone che ti stavano guardando proprio in quel momento (e con uno smartphone a portata di mano). Non ha richiesto un grosso sforzo, per gli spettatori, prendere quel telefono andare su Instagram e cliccare “Segui” sul nuovo profilo del personaggio famoso. Ora verrà il bello perché i selfie coi cantanti dal palco di Sanremo non si potranno più fare e bisognerà pensare e attuare una strategia per non fare in modo che quella popolarità si ritorca contro. Sono sicuro, per questo, che Amadeus non sarà così folle da affidarsi a suo figlio, che prima o poi dovrà anche tornare a scuola, ma ingaggerà un professionista.
Dicevamo del social media manager e del comunicatore in genere, sono figure che richiedono studio quotidiano, perché l’evoluzione tecnologica può metterti fuori gioco dalla sera alla mattina. Sono ruoli anche di grande responsabilità perché la bellezza di essere editori di sé stessi, e di costruire una comunità con una media company, impone anche la responsabilità di decidere cosa pubblicare, come, dove e quando. Un impegno che prima era lasciato solo ai direttori delle testate giornalistiche.
I media cosiddetti tradizionali esistono ancora, per fortuna, e continuano ad avere la loro importanza ma accanto sono ormai nati veri e propri house organ digitali che, in molti casi, non hanno nemmeno bisogno di scrivere un rigo, bastano una foto o un video. Il messaggio che il social media manager possa essere il figlio, il cugino, il più giovane dello studio, per la ragione che tanto i social sono roba da giovanotti è sbagliato e persino letale, nell’ottica di imprese, studi professionali, associazioni, partiti e quant’altro. E’ un lavoro e deve essere svolto con impegno e professionalità. Come il presentatore di Sanremo del resto, altrimenti si potrebbe dire che a leggere qualche cartoncino che riporta il titolo delle canzoni e i nomi degli autori sono buoni tutti. No?
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