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Il professionista non cerca, attrae lavoro.

Definire una strategia di promozione e comunicazione ai tempi della disintermediazione, e della disaffezione degli utenti da qualsiasi forma di autorità precostituita, significa ragionare intorno a un interesse che faccia nascere una piccola o grande comunità (non community). I professionisti in particolare, dall’avvocato all’architetto, dall’ingegnere all’agente immobiliare, per citarne alcuni, non possono vendersi, non solo per ragioni di deontologia professionale ma anche per la mancanza di efficacia del metodo. Il professionista non cerca lavoro o ingaggi ma li attrae, mostrando le sue competenze e i suoi valori e non solo raccontandoli.

Viviamo una fase di passaggio, un’evoluzione dell’economia e del mercato, con un pubblico sempre più connesso ed esigente. Questo vuol dire che appena vede un prodotto o un servizio che gli interessa, l’utente medio fa correre la sua mano nella tasca e tira fuori lo smartphone per verificare le informazioni che legge. Ti è capitato, vero? Ti viene proposto un prodotto o un servizio e ti viene spontaneo dare almeno una sbirciatina su Google. Bene, lo fanno tutti, anche quelli che vengono nel tuo studio.

Un professionista non si vende, o peggio svende, non lancia “sconti del 50% solo per oggi”. Ha una strada più lunga da percorrere ma, devo dire, molto più efficace. Sono ancora costretto a partecipare a riunioni nel corso delle quali, purtroppo, si promuovono modelli che andavano bene quando le persone credevano alla pubblicità. Oggi navigano in rete, soprattutto sui social, e verificano le informazioni, leggono recensioni o, se non le trovano, chiedono ad amici e parenti. L’opinione di questi ultimi conta più di quella del mega influencer, che poi spesso non influenza proprio nessuno a parte qualche migliaio di bot.

La strategia migliore per promuovere il lavoro di uno studio professionale è il brand journalism.

Può sembrare complicato o costoso ma non è così, soprattutto se si paragona al tempo perso nell’inseguire vecchi modelli che andavano bene tempo fa. Uno studio professionale non può esprimersi sui social per slogan o frasi fatte, deve mostrare volti umani all’opera. Non sei un detersivo o un paio di scarpe, quindi devi mostrare al mondo chi sei, cosa sai fare e perché lo fai. Non puoi pensare che l’aspetto più importante della tua comunicazione sia il logo perché se proponi un servizio intellettuale, per essere chiari, più che il contenitore conta il contenuto. Più che post “con una grafica creativa” basterebbero dei video nei quali parli di casi concreti nel tuo lavoro e di come li hai risolti.

La domanda di partenza è sempre la stessa: a chi parli?

Conoscere a fondo il proprio pubblico di riferimento, che non può essere “tutti” altrimenti vuol dire nessuno, consente di impostare modalità corrette di promozione. Ti occupi di consulenze legali o tecniche rivolte a un pubblico con una definizione territoriale ben precisa? Allora perchè non fare riferimenti che sono nella cultura collettiva di un’area geografica. Spiegala semplice, segui un percorso che ti attesti e ti legittimi come riferimento in quel determinato pezzettino del mare magnum nel quale nuotiamo tutti. Il tuo pubblico non comprerà tutto e subito (in realtà ti bastano 1000 fan) ma con un certo turn over lo farà. Posizionati su un tema, su un solo aspetto di un’attività. Ad esempio, io lavoro per rendere la tua organizzazione una media company, quindi attrezzandola di strumenti e canali per produrre e diffondere autonomamente contenuti con un taglio giornalistico.

Contattami se vuoi saperne di più.

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